SĂŹ, ora tocca a me raccontare. Avevo iniziato la lettera in tedesco,[2] e poi mi sono stancato. Neanchâio posso lamentarmi della salute. Forse ti ho giĂ detto che da molto ho lasciato la chimica: adesso sono pensionato e scrittore full-time; il che non vuol dire che scrivo tutto il tempo, ma solo che non ho nessunâaltra occupazione fissa. Ho da poco finito il mio primo «romanzo», ovvero la mia prima prova di scrittura creativa a misura di libro e non solo di racconto. Ă lo sviluppo (arbitrario) di una storia che mi ha raccontato un compagno:[3] un gruppo di soldati ebrei dellâArmata Rossa si trova accerchiato dai tedeschi verso la fine del 1942. Si organizzano in banda partigiana autonoma (dopo che i partigiani ufficiali li hanno rifiutati); combattono la loro guerra privata dalla parte tedesca del fronte;[4] raccolgono strada facendo altre displaced persons, uomini e donne, ebrei e no; sorpassati dal fronte bellico, si rifiutano di deporre le armi e si presentano cosĂŹ (piuttosto selvaggi e minacciosi) alla ComunitĂ Ebraica di Milano, suppergiĂč nel settembre 1945. Mi sono divertito a fare questo mestiere nuovo, a metĂ strada fra la storia e la fantasia; quanto al risultato, vedremo.
SĂŹ, lâanno appena trascorso non Ăš da rimpiangere; anchâio ho amici polacchi che si disperano. PiĂč di una volta mi sono chiesto: se fossi polacco (e avessi qualche anno in meno), che cosa farei?
Come mi hai consigliato tu, ho scritto a Mursia, autorizzandola a usare la mia traduzione. «Mazl tĂČv» («Buona Stella») per il tuo libro in Italia, e soprattutto per la vostra nuova impresa; i miei sinceri affettuosi auguri per questo Anno Nuovo.
1/6/1982[1]
Dear Hermann,
You are right and I am at fault. I should have told you before how much I enjoyed your book, its effort at fairness and objectivity, and, above all, its desire to understand. A lack of understanding of the mechanisms of the totalitarian State is exactly what made Auschwitz possible, and could make its repetition possible; but, in my opinion, not in Germany or Italy, at least for a few years: there is a kind of vaccination…
Yes, itâs my turn to update you. I had started this letter in German,[2] and then I became tired. I too have no complaints about my health. Perhaps I have told you already that I have quit chemistry for a long time now: I am now a pensioner, and a full-time writer; that does not mean that I write all the time, but only that I have no other set occupation. I have just finished my first ânovel,â meaning my first attempt at creative writing on the scale of a book, not just a story. It is the (arbitrary) development of a story that a friend told me:[3] a group of Jewish soldiers from the Red Army found themselves surrounded toward the end of 1942 by the Germans. They organized themselves as an independent group of partisans (having been refused by the official partisans); fought their own war on the German side of the front[4]; picked up along the way other displaced persons, men and women, Jewish and not; overtaken by the front, they refused to lay down their weapons, and arrived bearing arms (and quite wild and threatening) in the Jewish Community of Milan around September 1945. I have enjoyed myself in this new profession, halfway between history and imagination; as for the result, weâll see.
Like you, I have two children: Lisa, 33, who is a biologist and works in a Museum of Natural Hist.; Renzo, 24, who is finishing his degree in Physics. I have a good relationship with them, but, for me, there will be no hope of having them with me when (perhaps in April or May, if Mr. Jaruzelski[5] agreesâŠ) I go to visit Auschwitz for the second time. They are not very interested in this subject matter; or perhaps it is an unconscious, retrospective fear.
Yes, the year that has just ended will not be missed; I too have Polish friends who are desperate. I have asked myself more than once: if I were Polish (and if I were a few years younger), what would I do?
As you suggested, I have written to Mursia authorizing him to use my translation. âMazl tĂČvâ (âLucky Starâ) for your book in Italy, and especially for your new undertaking; my sincere and warm wishes for this New Year.
SĂŹ, ora tocca a me raccontare. Avevo iniziato la lettera in tedesco,[2] e poi mi sono stancato. Neanchâio posso lamentarmi della salute. Forse ti ho giĂ detto che da molto ho lasciato la chimica: adesso sono pensionato e scrittore full-time; il che non vuol dire che scrivo tutto il tempo, ma solo che non ho nessunâaltra occupazione fissa. Ho da poco finito il mio primo «romanzo», ovvero la mia prima prova di scrittura creativa a misura di libro e non solo di racconto. Ă lo sviluppo (arbitrario) di una storia che mi ha raccontato un compagno:[3] un gruppo di soldati ebrei dellâArmata Rossa si trova accerchiato dai tedeschi verso la fine del 1942. Si organizzano in banda partigiana autonoma (dopo che i partigiani ufficiali li hanno rifiutati); combattono la loro guerra privata dalla parte tedesca del fronte;[4] raccolgono strada facendo altre displaced persons, uomini e donne, ebrei e no; sorpassati dal fronte bellico, si rifiutano di deporre le armi e si presentano cosĂŹ (piuttosto selvaggi e minacciosi) alla ComunitĂ Ebraica di Milano, suppergiĂč nel settembre 1945. Mi sono divertito a fare questo mestiere nuovo, a metĂ strada fra la storia e la fantasia; quanto al risultato, vedremo.
SĂŹ, lâanno appena trascorso non Ăš da rimpiangere; anchâio ho amici polacchi che si disperano. PiĂč di una volta mi sono chiesto: se fossi polacco (e avessi qualche anno in meno), che cosa farei?
Come mi hai consigliato tu, ho scritto a Mursia, autorizzandola a usare la mia traduzione. «Mazl tĂČv» («Buona Stella») per il tuo libro in Italia, e soprattutto per la vostra nuova impresa; i miei sinceri affettuosi auguri per questo Anno Nuovo.
1/6/1982[1]
Dear Hermann,
You are right and I am at fault. I should have told you before how much I enjoyed your book, its effort at fairness and objectivity, and, above all, its desire to understand. A lack of understanding of the mechanisms of the totalitarian State is exactly what made Auschwitz possible, and could make its repetition possible; but, in my opinion, not in Germany or Italy, at least for a few years: there is a kind of vaccination…
Yes, itâs my turn to update you. I had started this letter in German,[2] and then I became tired. I too have no complaints about my health. Perhaps I have told you already that I have quit chemistry for a long time now: I am now a pensioner, and a full-time writer; that does not mean that I write all the time, but only that I have no other set occupation. I have just finished my first ânovel,â meaning my first attempt at creative writing on the scale of a book, not just a story. It is the (arbitrary) development of a story that a friend told me:[3] a group of Jewish soldiers from the Red Army found themselves surrounded toward the end of 1942 by the Germans. They organized themselves as an independent group of partisans (having been refused by the official partisans); fought their own war on the German side of the front[4]; picked up along the way other displaced persons, men and women, Jewish and not; overtaken by the front, they refused to lay down their weapons, and arrived bearing arms (and quite wild and threatening) in the Jewish Community of Milan around September 1945. I have enjoyed myself in this new profession, halfway between history and imagination; as for the result, weâll see.
Like you, I have two children: Lisa, 33, who is a biologist and works in a Museum of Natural Hist.; Renzo, 24, who is finishing his degree in Physics. I have a good relationship with them, but, for me, there will be no hope of having them with me when (perhaps in April or May, if Mr. Jaruzelski[5] agreesâŠ) I go to visit Auschwitz for the second time. They are not very interested in this subject matter; or perhaps it is an unconscious, retrospective fear.
Yes, the year that has just ended will not be missed; I too have Polish friends who are desperate. I have asked myself more than once: if I were Polish (and if I were a few years younger), what would I do?
As you suggested, I have written to Mursia authorizing him to use my translation. âMazl tĂČvâ (âLucky Starâ) for your book in Italy, and especially for your new undertaking; my sincere and warm wishes for this New Year.
Info
Note
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Mittente: Primo Levi
Destinatario: Hermann Langbein
Data di stesura: 1982-01-06
Luogo di stesura: Torino
Descrizione del documento: fotocopia di lettera ds. con inserto ms. a biro nera su foglio di recupero forato da entrambi i lati. Sul retro del foglio di copia Ăš presente un testo dattiloscritto: « â 4 â || Nota introduttiva | Il 4 luglio 1944 fui arrestata nella mia abitazione di Via Garofalo 44 [Milano (ms. a penna rossa)] insieme ad alcuni studenti, ad opera agenti della âGuardia Nazionale repubblicanaâ per propaganda antifascista ed aiuti a bande partigiane. | A determinare questa irruzione in casa mia non fu una vera spiata ma lâincauta leggerezza di una partecipante alla riunione, con la quale non avevo avuto allâincirca nulla a che vedere nella mia attivitĂ clandestina e che tra lâaltro si era autoinvitata. | Fummo caricati su un carro dâimmondizie e trasportati al gruppo âF. Filziâ della âGuardia repubblicanaâ in via Tonale. | LĂŹ fummo lungamente interrogati ed affidati ad un tenente dellâUfficio Politico italiano (U.P.I.). [(ms. a matita)] | Il giorno dopo fummo trasferiti a s. Vittore e dopo estenuanti interrogazioni sempre da parte dello stesso tenente dellâU.P.I., quattro studenti con mio grande sollievo furono prosciolti e rimanemmo imputate solo tre donne. | Fummo deferite alle SS e quindi passammo, dopo la conclusione dellâinterrogatorio, dal raggio intermedio di S. Vittore alla carceri tedesche di Piazza Filangeri. | Mi trovai cosĂŹ legata, in questo giĂ tanto triste sog-». Per lâattribuzione di questo dattiloscritto cfr. nota 1 della presente lettera.
[1] Sul retro del foglio di copia si legge un brano dattiloscritto riconducibile alla testimonianza, poi divenuta libro, di Maria Massariello Arata, Il ponte dei corvi. Diario di una deportata a RavensbrĂŒck, Mursia 1979. Il dattiloscritto (cfr. descrizione del documento) potrebbe far supporre che il testo fosse andato in lettura anche a Levi prima della pubblicazione, ma non si hanno altre notizie al riguardo.
[2] Sullo stesso foglio, ma distribuito al contrario, si legge un inserto ms. a biro nera di Levi: «Lieber Hermann, Du hast recht, und ich bin schuldig. Ich musste eigentlich»; «Caro Hermann, hai ragione, sono colpevole. In realtĂ devoâŠÂ». Si tratta dellâanalogo tedesco dellâincipit della lettera, che Levi poi aveva deciso di scrivere in francese.
[3] Il riferimento Ăš naturalmente a Se non ora, quando?, che uscĂŹ nel 1982. La storia su cui si basava era stata raccontata a Levi da Emilio Vita Finzi nel 1972 (OC II, pp. 1797-99). Levi successivamente si documentĂČ sulla vicenda (e su vicende simili), come si evince non solo dalle sue dichiarazioni, ma anche dalla bibliografia posta alla fine del romanzo.
[4] I buchi del foglio tagliano la parola, da leggersi probabilmente «front».
[5] Su Jaruzelski e sullâintroduzione della legge marziale in Polonia cfr. nota 9, lettera 053.