Hermann Langbein
Biografia
di Alice Gardoncini
Un uomo formidabile
«L’autore, H. Langbein, è un uomo formidabile, ex-comunista, ex-legionario in Spagna, poi internato in Francia, deportato a Dachau e poi ad Auschwitz, membro attivissimo della Resistenza entro il Lager ed insieme ‘uomo di fiducia’ di un medico SS». Con queste parole Primo Levi presentava Hermann Langbein alla casa editrice Mursia, il 6 ottobre del 1973, proponendo per la traduzione italiana il monumentale Menschen in Auschwitz (Langbein 1972), oggi un classico della storiografia sui campi di sterminio.
E forse non è un caso che Levi avesse scelto proprio l’aggettivo “formidabile” per definire Langbein. Formidabile, dal lat. Formidare, ovvero temere, significa temibile, e in effetti Langbein è stato per tutta la vita uno dei più temibili, coerenti e tenaci avversari del fascismo in ogni sua forma, a partire dall’attività politica clandestina nella Vienna degli anni trenta, passando per il coinvolgimento nella guerra di Spagna, per arrivare alla resistenza in Lager e infine, nel dopoguerra, al capillare lavoro di ricerca dei criminali nazisti, di preparazione dei processi contro di loro e di raccolta delle testimonianze.
La giovinezza a Vienna: comunista o attore?
Hermann Langbein nasce il 18 maggio 1912 a Vienna, in una famiglia della piccola borghesia: il padre, ebreo convertito alla fede evangelica, lavora come contabile in una fabbrica di tessuti, la madre è maestra. Il fratello Otto, maggiore di un anno e mezzo, ha un ruolo decisivo per la sua formazione e le sue future scelte politiche. Quando la madre muore di cancro (Hermann ha solo dodici anni), ad aiutare la famiglia è la sorella di lei, “Tante Else”, con la quale i due fratelli condividono una visione politica, che va sempre più discostandosi da quella del padre, sostenitore di un nazionalismo di ispirazione bismarckiana. Molto presto, fin dall’inizio degli anni ’30, i due fratelli si avvicinano alle posizioni del Partito Comunista, a cui si iscrivono: Otto nel 1932 e Hermann all’inizio del 1933, pochi mesi prima che il partito venga dichiarato illegale.
Accanto alla passione politica, compare presto quella artistica. Infatti, subito dopo la maturità, Hermann decide di intraprendere la carriera dell’attore, ancora una volta in opposizione al padre, che l’avrebbe voluto medico: nell’autunno del 1931 diventa allievo attore al Volkstheater di Vienna, con il nome d’arte di Hermann Lang, e inizia a frequentare alcuni gruppi di cabaret (tra cui lo Stachelbeere). È un periodo di grande entusiasmo e leggerezza, di cui resta ampia documentazione: Langbein è infatti fin da molto giovane un catalogatore, ama annotare le proprie attività e letture con una precisione e esaustività sorprendenti, per cui nel suo lascito conservato all’Archivio di Stato viennese si trovano, tra migliaia di documenti, anche i quaderni in cui censiva e commentava i libri letti, o gli elenchi dettagliati di tutte le sue apparizioni in teatro (Halbmayr 2012, 21-25).
Posto di fronte alla difficile scelta tra diventare un comunista e diventare attore (Stengel 2012, 31), il giovane prova inizialmente a conciliare le due strade, e dopo la morte del padre (nel 1934) va a vivere insieme al fratello in un appartamento condiviso che diventa la sede di una serie di attività clandestine, tra cui la produzione del giornale ciclostilato «Klassenkampf» [Lotta di classe]. Presto, però l’appartamento finisce nel radar della polizia e iniziano anche gli arresti (il primo, preventivo, è del febbraio del ’35, a cui ne seguono altri nei due anni successivi), che lo costringono infine ad abbandonare la carriera teatrale.
Pasaremos. Le Brigate Internazionali e i campi di internamento francesi
In seguito all’annessione dell’Austria nel 1938, Langbein, ormai noto alle autorità come oppositore politico, è costretto a lasciare Vienna. Il 22 marzo del ’38, parte con la compagna Margarete (Gretl) Wetzelsberger, comunista come lui; i due passano il confine illegalmente fuggendo prima in Svizzera e poi a Parigi, dove erano stati preceduti dal fratello Otto. Gretl si ferma a Parigi con Otto, che nel frattempo si è ammalato ai polmoni, mentre Hermann parte per la Spagna il 9 aprile. Insieme a un gruppo di altri austriaci di cui fa parte anche il cugino Leopold Spira raggiunge le Brigate Internazionali a Figueres, in Catalogna. Gli otto mesi che passerà insieme ai combattenti volontari sono descritti in diretta nelle lunghe lettere indirizzate a Gretl e Otto, e che più tardi saranno raccolte in volume (Langbein 1982). Il momento più intenso è nel giugno del 1938, quando prende parte alla battaglia dell’Ebro. In questi mesi, tra le altre cose, redige il bollettino di informazione della XI brigata, di cui fa parte (Halbmayr 2012, 44).
Nel febbraio del 1939, in seguito alla sconfitta dei repubblicani e alla smobilitazione delle Brigate Internazionali, i volontari reduci vengono internati in diversi campi di prigionia francesi: Langbein, insieme a quasi tutti gli austriaci presenti, finisce prima a Saint-Cyprien, uno dei famigerati Camps de la plage (febbraio-aprile 1939), poi a Gurs (aprile 1939-aprile 1940) e infine a Le Vernet (aprile 1940-aprile 1941). Sono le prime, dure, esperienze di internamento: nonostante la fame, il freddo e le violenze subite, a Gurs Langbein e i suoi compagni organizzano una sorta di università popolare (la «Österreichische Volkshochschule Gurs»), da lui stesso diretta e per la quale tiene il corso di tedesco. I prigionieri possono ricevere visite, e nell’ottobre del 1940 a Le Vernet Langbein riesce a salutare il fratello Otto, con cui si ricongiungerà solo nel dopoguerra.
Dachau, Auschwitz, Neuengamme
Dopo l’occupazione della Francia, i prigionieri passano sotto la giurisdizione della Gestapo. Insieme ad altri 145 austriaci, Langbein da Le Vernet è inviato a Dachau, dove viene internato come prigioniero politico, in quanto Rotspanier, combattente “rosso” nella guerra civile spagnola. Qui, visto che sa stenografare e scrivere a macchina, e conosce il latino, diventa segretario personale del medico Rudolf Brachtel, e entra in contatto anche con un altro medico, Edward Wirths.
Insieme ad altri sedici prigionieri di Dachau, il 19 agosto del 1942 Langbein viene mandato ad Auschwitz, dove è in corso un’epidemia di tifo: è segnato erroneamente come infermiere, ma il suo nome finisce nella lista forse a causa della rivalità tra i prigionieri socialdemocratici e comunisti all’interno di Dachau (Halbmayr 2012, 70). Quando Edward Wirths arriva a sua volta ad Auschwitz, riconosce Langbein e lo sceglie come suo segretario. In questo modo Langbein acquisisce una posizione privilegiata, che gli permette di osservare e capire nel profondo le dinamiche del campo: ha accesso a informazioni confidenziali tra cui le statistiche sui detenuti uccisi, ed è testimone diretto dei trasporti dei cadaveri a opera del Sonderkommando e delle uccisioni nelle camere a gas; l’ufficio dove lavora è collocato proprio di fronte all’Altes Krematorium, il forno crematorio (Langbein 1949, 114). Insieme a prigionieri di varie nazionalità organizza il Kampfgruppe Auschwitz (Langbein 1962 227-38), un movimento di resistenza (di cui fanno parte anche i polacchi Józef Cyrankiewicz e Tadeusz Hołuj); suo compito è guadagnarsi la fiducia di Wirths e influenzarlo per ottenere un miglioramento delle condizioni dei detenuti.
Langbein resta ad Auschwitz fino all’agosto del 1944, quando viene spostato nel campo di concentramento di Neuengamme, a sud-est di Amburgo. Scampa alle marce della morte e l’11 aprile del 1945, durante un trasporto di prigionieri, riesce a fuggire. Il 18 maggio 1945, dopo quasi sei anni e mezzo totali passati nei campi di internamento, fa ritorno a Vienna.
Il dopoguerra a Vienna (1945-1958)
L’Austria, come la Germania, è divisa nelle zone di occupazione delle quattro potenze vincitrici, tra cui l’Unione Sovietica. Langbein torna a Vienna carico di aspettative, e i primi anni sono nel segno dell’euforia e dell’adesione al Partito Comunista austriaco (KPÖ): è funzionario e membro del Comitato Centrale del KPÖ e assume la direzione delle scuole di partito. Già alla fine degli anni quaranta però, qualcosa si incrina; Langbein è amareggiato dallo scarso interesse che percepisce nei confronti dei resoconti dell’esperienza di Lager (Pelinka 1993, 37). Nel 1949 pubblica Die Stärkeren. Ein Bericht (Langbein 1949), ma quattro anni prima, tra il 22 e il 23 aprile 1945 ad Hannover, aveva scritto su Auschwitz un resoconto “a caldo” di nemmeno trenta pagine, come testimonianza per le autorità britanniche (Langbein 1945). Per misura e funzione, si tratta di un testo paragonabile a quello scritto da Leonardo De Benedetti e Primo Levi a Katowice per il governo sovietico, e oggi noto come Rapporto medico-sanitario (OC I,1177-94).
In seguito alle sue critiche al futuro segretario generale del KPÖ, Friedl Fürnberg, dal 1951 Langbein è estromesso dal Comitato Centrale. Nel 1953 viene incaricato dal partito di creare e seguire una stazione radio in lingua tedesca a Budapest e si trasferisce là con la moglie (Aloisia Turko), giornalista e comunista a sua volta. I due si erano sposati nel 1950 e nel 1952 avevano avuto una prima figlia, Lisa; al momento del trasferimento Turko era incinta del secondo figlio, Kurt. Langbein percepisce quell’incarico come una punizione, e durante l’anno trascorso in Ungheria matura un atteggiamento sempre più critico nei confronti dell’Unione Sovietica. Rientrato a Vienna, lavora come redattore presso la «Österreichische Zeitung» (1954), il giornale di partito, e poi come caporedattore presso il «Neuen Mahnruf» (1956).
Nel maggio del 1954 la Féderation Internationale des Résistants (FIR) fonda a Vienna il Comitato Internazionale di Auschwitz (IAK), e Langbein è nominato segretario generale. Questo gli permette di entrare in contatto con moltissimi reduci di Auschwitz di varie nazionalità, come testimoniato dalla mole dei documenti presenti nel suo archivio. Tra gli italiani, avrà un ruolo fondamentale Leonardo De Benedetti, conosciuto nel 1955. Per il suo tramite Langbein riceve una lista di altri italiani con cui mettersi in contatto, tra cui anche Primo Levi.
Negli anni seguenti crescono gli attriti con il Partito Comunista austriaco: al contrario della moglie e del fratello, Langbein resta iscritto anche dopo i fatti di Ungheria, ma viene poi espulso nel 1958 quando a nome del Comitato Internazionale di Auschwitz protesta contro l’esecuzione di Imre Nagy, Paul Maleter e di altre tre vittime della giustizia sovietica (Halbmayr 2012, 144).
Dallo IAK al CIC (1958-1961)
Al crescere delle tensioni in Europa legate alla guerra fredda, corrisponde anche un inasprimento dei rapporti tra Langbein e lo IAK: nel 1958 viene demansionato, e da segretario generale diventa il responsabile dei processi e dei risarcimenti ai sopravvissuti e ai famigliari delle vittime. Nonostante il Comitato si dichiarasse per statuto apartitico, nel luglio del 1959 i membri polacchi, guidati da Tadeusz Hołuj, decidono di istituire una seconda sede direttiva a Varsavia, marcando di fatto una svolta filosovietica.
Ha inizio una fase complicata per Langbein: mentre, insieme a H.G. Adler e Simon Wiesenthal cerca finanziamenti per istituire un nuovo comitato – questa volta neutrale –, nell’ottobre del ’60 su sua iniziativa lo IAK firma un contratto con la Europäische Verlaganstalt (EVA) per un’antologia di resoconti e testimonianze su Auschwitz. In Germania, e in lingua tedesca, è il primo progetto editoriale di questo genere, e l’uscita dovrebbe coincidere con il grande processo Auschwitz che si sta preparando a Francoforte. I curatori saranno Hermann Langbein, H.G. Adler e Ella Lingens-Reiner, la presidentessa dell’Österreichische Lagergemeinschaft Auschwitz (ÖLGA).
A partire dal dicembre ’60 i rapporti con lo IAK si deteriorano ulteriormente, e nonostante ancora nel maggio dell’anno seguente Langbein trascorra quasi un mese a Gerusalemme in qualità di inviato del Comitato per assistere al processo Eichmann, dal luglio del 1961 viene infine sollevato da ogni incarico all’interno dello IAK.
Contemporaneamente, il progetto dell’antologia rischia di fallire: l’ala di Varsavia, nella persona di Stefan Haupe, delegato per l’amministrazione e le finanze, contatta la casa editrice per esautorare i curatori; per tutta risposta la casa editrice annulla il contratto in essere con lo IAK e ne fa firmare uno nuovo direttamente a loro. A quel punto il Comitato fa pressione sugli autori orientali perché ritirino i loro contributi e cerca di screditare i curatori sostenendo che vogliono lucrare sull’iniziativa (Stengel 2012, 280-342). Nonostante tutto, l’antologia nel 1962 viene infine pubblicata, con il titolo Auschwitz. Zeugnisse und Berichte. Vi compaiono anche due capitoli di Se questo è un uomo di Primo Levi («L’ultimo» e «Storia di dieci giorni»), nella traduzione di Heinz Riedt, uscita nel novembre 1961 in Germania Ovest. Per evitare le polemiche, gli autori dell’antologia rinunciano ai compensi e tutti i proventi vengono destinati agli ex deportati in difficoltà.
In questo momento, per Langbein è vitale avere una carica in un comitato internazionale, sia per motivi economici sia per poter prendere parte ai processi in veste ufficiale. Dal 1961 è diventato segretario dell’ÖLGA, che non è di livello internazionale e soprattutto non ha le forze per assicurargli uno stipendio. Finalmente, il 20 gennaio 1963 viene fondato il CIC (Comité International des Camps) di cui è nominato segretario. L’indirizzo (come già era stato nel caso dello IAK) è quello di casa sua a Vienna, il finanziamento arriva dallo UIRD, la controparte filooccidentale del FIR (Halbmayr 2012, 312).
Nel corso degli anni sessanta Langbein collabora attivamente alle ricerche di Simon Wiesenthal, Thomas Harlan e Fritz Bauer che porteranno all’arresto di criminali nazisti ancora a piede libero (cfr. approfondimento), e pubblica una serie di opere di documentazione sul processo di Francoforte (1963-65) (Langbein 1963, 1964, 1965).All’inizio degli anni settanta Langbein sarà anche impegnato a preparare e seguire i processi Auschwitz austriaci, che dopo un’attesa decennale si terranno infine a Vienna nel 1972, e si concluderanno con un deludente verdetto di assoluzione per i quattro imputati Dejaco e Ertl (a marzo) e Graf e Wunsch (a giugno) (Loitfellner 2006, cfr. approfondimento).
Menschen in Auschwitz
Quando, nei primi anni sessanta, l’autore si trova in difficoltà dopo l’espulsione dal Partito Comunista, ad aiutarlo sono conoscenti e amici di varia provenienza: è Christian Broda, all’epoca Ministro della giustizia austriaco (dell’SPÖ) a metterlo in contatto con la Europa Verlag, con cui Langbein pubblicherà vari lavori, dalla documentazione dei processi (la prima nel 1963) fino ad arrivare a Menschen in Auschwitz (nel 1972). Ed è Hety Schmitt-Maas, negli anni sessanta ufficio stampa del Ministero della cultura dell’Assia, ad attivare una serie di contatti e dare vita a una vera e propria rete epistolare sul problema Langbein, riuscendo infine a procurargli una borsa di studio (che durerà tre anni, fino al 1968) della New Land Foundation di Joseph Buttinger e Muriel Gardiner (Halbmayr 2012, 247-49). Grazie a questo finanziamento Langbein può dedicarsi alla scrittura del grande libro su Auschwitz.
Sono passati vent’anni dall’esperienza nel Lager, ma è paradossalmente il lavoro ai processi, con il contatto ravvicinato con gli imputati che presuppone, a permettere a Langbein di ridimensionare i criminali fino a vederli come semplici uomini e non più come demoni, guadagnando così il distacco emotivo necessario alla scrittura. Come racconterà più tardi in un’intervista: «Alla fine del Processo, Klehr [Josef Klehr] per me era diventato solo un vecchio criminale che si difendeva in modo goffo, e non più quel personaggio che era ad Auschwitz. Quando me ne sono reso conto mi sono detto: ora posso scrivere» (Pelinka 1993, 104). E gli esseri umani [Menschen] del titolo, infatti, non sono solo gli internati, ma tutta l’umanità coinvolta nella grande macchina di annientamento, e con essa dunque, anche le SS.
Gli anni ottanta e l’iniziativa “Testimoni del tempo” [Zeitzeugen]
Dopo gli anni dedicati a Menschen in Auschwitz, Langbein torna a occuparsi di resistenza nei campi di concentramento (Langbein 1980), e poi, in reazione all’ondata di negazionismo in Europa negli anni ottanta, intraprende il suo ultimo grande progetto: una ricca documentazione sulle camere a gas, che darà luogo a un comitato di ricerca e alla pubblicazione Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas. Eine Dokumentation (Langbein 1986).
Nell’ultima parte della vita Langbein si dedica prevalentemente al rapporto con le giovani generazioni. Le prime esperienze come testimone di Auschwitz nelle scuole risalgono già agli anni del processo di Francoforte (1963-65), in Germania (Langbein 1967). Ma è poi verso la fine degli anni settanta che questo impegno prende una forma istituzionale e continuativa. Langbein infatti progetta e fa approvare un programma ufficiale per le scuole austriache (Zeitzeugen in der Schule) che sarà attivo per tutti gli anni ottanta e oltre, e con l’appoggio del Ministero dell’Istruzione austriaco prevedrà anche registrazioni video degli incontri con gli studenti (Halbmayr 2012, 207-26). Nel maggio del 1986, in quella che sarà l’ultima lettera inviata a Primo Levi, scrive: «Come prima, continuo ad andare nelle scuole […]: nelle discussioni mi trovo davvero bene (se sono condotte in modo intelligente, come di solito accade). Non mi stanco mai. E per di più adesso, con tutte le cose terribili che sono riemerse in occasione dell’elezione del Presidente federale, percepisco ancora più chiaramente qual è il nostro dovere in questo campo». La sua ultima conferenza in una scuola si tenne a Vienna il 31 marzo 1995, sette mesi prima della morte.
Riferimenti e bibliografia
La lettera di Levi alla casa editrice Mursia, datata 6 ottobre del 1973 è conservata nel Complesso di fondi Primo Levi, Fondo Primo Levi, Corrispondenza, Corrispondenza generale, Fasc. 7, sottofasc. 10, docc. da 30 a 32, ff. 335r e v.
La lettera di Langbein a Levi del 10 maggio 1986 è conservata nel Complesso di fondi Primo Levi, Fondo Primo Levi, Corrispondenza, Corrispondenza generale, Fasc. 1s7, sottofasc. 8, docc. da 12 a 14, ff. 246r e 246v. Il riferimento è al caso Waldheim: quell’anno fu eletto presidente federale austriaco Kurt Waldheim (1918-2007), noto per il suo passato da SA e per crimini di guerra commessi nei Balcani quando era ufficiale della Wehrmacht. Sul caso Waldheim si esprime anche Levi nell’intervista con Daniela Dawan del luglio 1986 sul «Bollettino della Comunità Israelitica di Milano», ora in OC, III, pp. 607-10, a p. 608.
Il rapporto medico sanitario di Leonardo De Benedetti e Primo Levi, si trova nel primo volume delle opere complete di Levi, OC I, pp. 1177-94.